Affrontare l’età geriatrica dei nostri amici a quattro zampe…con l’aiuto del veterinario!
La vita dei nostri amici animali è sempre più lunga!
L’allungarsi della vita media di cani e gatti fa sì che oggi il medico veterinario debba essere anche geriatra.
Sì, perché la speranza di vita dei nostri amici è aumentata significativamente: questo grazie ai progressi della medicina veterinaria, ma anche alle migliori condizioni di vita dedicate ai nostri animali da compagnia e a un’alimentazione più corretta.
Che cosa accade agli animali che invecchiano?
Esattamente come per noi umani, anche i cani e i gatti vanno incontro a un processo di invecchiamento di tutti gli organi che perdono parte della loro funzionalità. Le modificazioni dell’aspetto e delle funzioni derivate dal passare degli anni, devono essere viste come una riduzione delle funzioni del metabolismo con conseguente aumento del peso, con una diminuita capacità di termoregolazione, di smaltire i farmaci, con una diminuita risposta allo stress e un rallentamento dei meccanismi di guarigione. L’apparato muscolo-scheletrico è quello che subisce i danni più evidenti, le masse muscolari si riducono, le cartilagini degenerano e le ossa diventano più fragili a causa dell’osteoporosi.
Come tutti i distretti corporei anche il sistema immunitario invecchia, con un conseguente calo delle difese, perciò un animale anziano è più sensibile alle malattie infettive, quindi necessita di un’adeguata copertura vaccinale
Tutto ciò obbliga il .medico a un approccio diverso nel trattare questi pazienti anziani, ma soprattutto impone di dare corrette informazioni ai proprietari per spiegare loro come e cosa si devono aspettare dal loro animale e dalle eventuali terapie suggerite.
E cosa succede al cervello di un animale anziano?
Un altro distretto importante che risente in modo significativo dell’invecchiamento è il cervello: questo determina cambiamenti nelle funzioni neuromuscolari e disfunzioni cognitive.
La disfunzione cognitiva è una forma neurodegenerativa caratterizzata da alterazioni ingravescenti a carico del cervello, il che comporta una vasta gamma di comportamenti anomali. La disfunzione cognitiva è senz’altro una sindrome sottostimata prevalentemente per la mancata consultazione dei veterinari da parte dei proprietari che tendono a considerare l’insorgere di cambiamenti comportamentali come una normale conseguenza dell’invecchiamento. Nell’uomo la disfunzione cognitiva è conosciuta con il nome di malattia di Alzheimer, che presenta moltissime analogie con altre specie animali e soprattutto con il cane e il gatto.
Con il progredire dell’età inoltre sia l’uomo, sia il cane e il gatto possono essere colpiti da altre malattie concomitanti che danneggiano ulteriormente la vitalità dei neuroni: insufficienza cardiaca, ipertensione, anemia e ogni altra patologia che può alterare la viscosità del sangue, ne sono un esempio. I segni clinici si manifestano con disorientamento spaziale e temporale, alterazione dell’interazione con persone e altri animali, eliminazioni improprie e alterazione del ciclo sonno-veglia.
Quali sono i comportamenti inadeguati che possiamo riconoscere nel soggetto con disfunzione cognitiva?
Tra i primi segni compaiono generalmente comportamenti inadeguati nell’ interazione con persone e/o altri animali, fino ad arrivare al non riconoscimento neppure dei proprietari. I soggetti che non riconoscono più persone e altri animali famigliari, non rispondono ai richiami e non obbediscono ai comandi abituali, hanno difficoltà ad adattarsi anche ai minimi cambiamenti nella routine quotidiana. Questo può generare ansia, iperattaccamento e fobie, che possono sfociare in episodi di aggressività o distruttività quando questi animali vengono lasciati soli.
Qualche esempio: il disorientamento spaziale si manifesta prevalentemente con l’incapacità dell’animale di muoversi all’interno dell’ambiente familiare. Il vostro cane o il vostro gatto sembrano smarriti e tendono a rimanere bloccati negli angoli o dietro ai mobili; il disorientamento temporale è caratterizzato dal ripetersi di comportamenti parziali e incompleti, come ad esempio il chiedere di uscire per poi rientrare immediatamente e richiedere di uscire di nuovo; oppure la richiesta continua di cibo come se non fosse già stato somministrato.
Le eliminazioni improprie sono tra i segni maggiormente riconosciuti e riferiti dai proprietari: raccontano che il loro cane viene portato a passeggiare ma urina solo al rientro in casa, oppure che il cane urina nella cuccia, o ancora che non segnala la necessità di fare pipì. Questo comportamento può essere associato a disturbi cognitivi legati soprattutto al disorientamento spaziale, ma può riconoscere anche altre cause, come disturbi legati a stati di ansia – quindi comportamentali – o a malattie metaboliche che determinano aumento della sete e della produzione di urine. Per questo è importante che i proprietari descrivano molto bene come si verificano questi episodi, in modo che il veterinario possa adottare l’approccio clinico adatto.
Un’altra situazione che viene spesso riportata dai proprietari, è l’alterazione del ciclo sonno-veglia, associata al disorientamento spazio-temporale. Gli animali durante il giorno dormono a lungo e si mostrano meno attivi, al contrario di notte si svegliano spesso, camminano senza meta e a volte vocalizzano.
Patologie infiammatorie croniche e malattie metaboliche possono determinare cambiamenti nel comportamento.
Gli anziani spesso sono colpiti da più patologie che singolarmente non determinano alterazioni comportamentali, ma associate tra loro portano a cambiamenti di comportamento. Tutte le patologie infiammatorie come ad esempio osteoartriti, malattie dentali, otiti croniche e altre, causano dolore e fastidio all’animale che si può mostrare più irritabile o spaventato quando viene toccato, mimando in questo modo le alterazioni comportamentali degli animali affetti da disturbo cognitivo. Malattie metaboliche come ad esempio il morbo di Cushing determinano un aumento della sete e della fame con un successivo aumento del numero delle minzioni e delle defecazioni che possono essere scambiate come episodi di eliminazione impropria: proprio come avviene negli animali con disturbo cognitivo.
Osservare il proprio animale anziano significa essere in grado di aiutare il veterinario ad impostare il protocollo diagnostico e terapeutico più adeguato.
Da ciò emerge che la raccolta di una accurata anamnesi fatta dal proprietario, seguita da un’attenta visita clinica e da esami di laboratorio appropriati, permettono al medico veterinario di giungere ad una diagnosi accurata. Così sarà possibile migliorare la gestione di tutti quei fenomeni comportamentali del paziente anziano, legati a un naturale invecchiamento del cervello.
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